La morte di Shinzo Abe sembra un evento passato nel dimenticatoio, ma ha avuto effetti evidenti sulla società giapponese.
L'ex premier fu assassinato esattamente un anno fa, l'8 luglio del 2022, nel corso di un comizio. A premere il grilletto non è stato qualcuno che lo criticava per le sue posizioni politiche (i legami di Abe con l'estrema destra sono noti a tutti), o per le sue politiche economiche non all'altezza delle aspettative, ma per una ragione estremamente personale: la bancarotta della madre che, l'assassino sostiene, sarebbe stata causata da un'associazione religiosa. Nel resto di questo post, chiamerò questa associazione semplicemente "ex Chiesa dell’Unificazione".
La reazione iniziale dei giapponesi è stata di shock. Nei primi giorni dopo il fatto di sangue c'erano file lunghissime di persone a visitare il luogo dell'attentato, per dare gli ultimi saluti a quello che, tutto sommato, è stato il Premier più longevo nella storia dell'arcipelago. L'attentato, poi, ha avuto anche chiare ripercussioni sulle elezioni alla Camera Alta che si sono tenute nei giorni successivi, offrendo al partito liberal-democratico quel boost che gli serviva per vincere e assicurarsi il controllo del secondo ramo del Parlamento, non solo, ma anche con i numeri sufficienti per modificare la Costituzione, qualora volesse un domani.
Tuttavia, le cose sono cambiate radicalmente a seguito di due fattori. Il primo è la "giustificazione" dell'attentatore Tetsuya Yamagami, che ha affermato che il suo vero obiettivo era la ex Chiesa dell'Unificazione, e non Shinzo Abe, e che avrebbe colpito il politico perchè era convinto che avesse legami profondi con quel gruppo religioso.
In realtà non si sa quanto i legami di Abe con il gruppo fossero forti, tutto ciò che sappiamo è che suo nonno e suo padre, politici come lui, erano molto vicini a questo gruppo. In quegli anni era normale che la politica avesse rapporti forti con associazioni religiose, si trattava di alleanze svolte in funzione anticomunista, all'epoca considerata "ideologia pericolosa".
Ma Abe, di suo, non ha mai lasciato prove evidenti di avere profondi rapporti con il gruppo religioso. Tutto quello che è stato trovato sono audio messaggi in cui l'ex premier interveniva a degli eventi organizzati da questo gruppo. Per il resto ci sono alcuni aneddoti raccontati da altri politici, ma nulla di "oggettivo" come possono essere degli spostamenti di soldi, o visite di alto profilo in luoghi importanti per la ex Chiesa dell'Unificazione. Complessivamente, i rapporti tra Shinzo Abe e il gruppo sono definiti con l'espressione ambigua "un segreto pubblico".
Va da se, poi, che il gruppo religioso in questione non è mai stato giudicato da un tribunale e condannato di aver fatto ciò di cui lo accusa Yamagami. In Giappone, l'unico processo che si è svolto contro la ex Chiesa dell'Unificazione è stato quello mediatico.
Il secondo fattore che ha scatenato il "gelo" del popolo giapponese nei confronti di Abe è stato un pasticcio causato dal suo partito e dall'attuale Primo Ministro Fumio Kishida.
I compagni di Abe, infatti, hanno deciso di organizzargli un funerale di stato faraonico, con il prezzo finale di 1.2 miliardi di yen, oltre 7 milioni e mezzo di euro. Volevo fare un confronto con i costi del funerale di Berlusconi, ma non si trovano informazioni al riguardo. Ad ogni modo, certamente è costato nell’ordine delle migliaia di euro, non milioni.
I giapponesi sono scesi per strada, dato che a Tokyo le piazze non ci sono, per manifestare in numeri tali che non si vedevano dai tempi della cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi del 2022, altro evento che i giapponesi non volevano. (eravamo in piena fase delta della pandemia covid). Le persone andate a protestare gridavano: "se avete tutti questi soldi, usateli per aiutarci a crescere i nostri figli!".
La foto che trovate in basso l'ho scattata lo scorso inverno nel luogo dell'attentato, circa cinque mesi dopo il fatto.
Le autorità locali di Nara hanno messo un cartello che recita così, letteralmente
"prendete e riportate a casa fiori e offerte, assieme ai (vostri) sentimenti per il defunto".
Il messaggio è che non bisogna lasciare oggetti in giro per la strada, ma il modo "glaciale" con cui il divieto viene espresso veicola un sentimento di "rifiuto" verso il defunto.
L'assassino Tetsuya Yamagami paradossalmente se la passa meglio, almeno sul lato del consenso popolare. Sulla stampa nipponica c'è una parola che rimbalza di continuo quando si fa il suo nome: 同情論, letteralmente "teoria del simpatizzare". Fuor di metafora, molti giapponesi non se la sentono di biasimare l'uomo fino in fondo, e in effetti diverse interviste fatte a persone comuni hanno un contenuto ricorrente:
"Condanno l'omicidio, ma dietro questa vicenda c'è un giro di poteri economici, e penso che Tetsuya Yamagami meriti di ricevere simpatia".
Non sono poche, poi, le persone che hanno espresso parole di vicinanza ai familiari, o che addirittura hanno inviato cibo e soldi all'assassino in persona, nei mesi in cui era tenuto in un istituto psichiatrico. Non è quello che accade normalmente in Giappone, dove chi commette reato incontra l'ostracismo assoluto dell'opinione pubblica. Opinione pubblica che, in compenso, si è scagliata con forza contro l'associazione religiosa presa di mira da Yamagami, al punto che il governo ha preferito dare la precedenza alla promulgazione di leggi volte a ostacolare le attività di proselitismo dei gruppi religiosi, piuttosto che attendere che prima fossero avviate le pratiche di inizio del processo dell'imputato. Il messaggio che è stato fatto passare è piuttosto grave: Yamagami, infatti, ha ottenuto quello che voleva, dimostrando a tutti che con la violenza si possono portare a casa dei risultati, e questo prima ancora di ricevere la punizione per il crimine commesso.
Le autorità hanno deciso di svolgere una perizia psichiatrica della durata di un semestre su Yamagami ma, sebbene questa sia terminata lo scorso Novembre, della data del processo ancora non si ha notizia. Normalmente, per i casi di omicidio, il tempo che intercorre tra il delitto e la prima seduta del processo è sei mesi. Nel caso di Yamagami è passato un anno, e ancora non è stata divulgata una data di inizio del processo, se si cerca su internet ciò che esce sono solo notizie riguardanti il fatto che "si stanno facendo preparativi per il processo".
Il processo a Shoko Asahara per gli attentati con il gas sarin nella metropolitana di Tokyo fu iniziato 13 mesi dopo gli attacchi, e quello era un caso in cui raccogliere le prove era più complicato, dato che parliamo di un'intera associazione responsabile, e di attacchi multipli che hanno causato numerose vittime. Il caso di Yamagami non dovrebbe essere altrettanto complesso da analizzare, visto che persino su internet si trovano filmati che mostrano tutta la durata dell'aggressione, anche da diverse angolature.Tutte queste lungaggini mi sembrano dimostrare che, più che la difficoltà a reperire le prove, si vogliono sondare gli umori del popolo prima di lasciare che la giustizia faccia il proprio corso, e quindi non c'è alcuna fretta di punire il colpevole.
Non sappiamo ancora quale sarà il verdetto su Yamagami, quello che sappiamo è che un personaggio pericoloso per la società ha esposto una falla nel sistema della democrazia giapponese, a causa dell'inerzia di un governo che tentenna, rallentando il corso della giustizia in un processo penale, ma è molto celere nell'approvare una legge che possa limitare gli effetti di proselitismo di gruppi religiosi che non sono ancora stati condannati da alcun tribunale.