Myorin-ni: la storia che spazza via la leggenda


Questo è un mio vecchio post sulla leggendaria guerriera e stratega Myorin-ni e sul falso mito delle donne samurai.

La vicenda di Myorin-ni, così come quella di tutte le cosiddette "onna-bugeisha", le donne samurai, di epoca sengoku appartiene al mondo della letteratura e del folklore, e non della storia.

Non esiste menzione alcuna delle sue avventurose vicende in documenti storici oggettivi (lettere, diari, annali...), ma solo in opere chiamate "gunkimono", che gli storici giapponesi non considerano adatte per conoscere la storia. La ragione è complessa, e richiede conoscenze aprofondite delle dinamiche politico-militari dell'epoca sengoku ed edo, oltre che dei rapporti tra i clan.

Parlando dello specifico di Myorin-ni, non esiste fonte storica che fa menzione delle  gesta militari e dei piani strategici che avrebbe messo in atto combattendo contro il clan Shimazu.

Se questi fatti fossero accaduti davvero, se ne troverebbe qualche menzione in fonti storiche di primo grado, ma non esiste nulla al riguardo.

Le fonti su cui si basano le vicende di Myorin-ni, invece, sono prese dal 大友興廃記. Si tratta di un'opera posteriore, scritta in epoca Edo, che non ha come obiettivo quello di raccontare la storia, ma di glorificare le imprese del clan Otomo, per il quale Myorin-ni avrebbe combattuto. Quando questo libro fu scritto, a governare il Giappone erano i Tokugawa, e il Paese era in pace. Non avendo più guerre da combattere, i samurai si sono dati alla letteratura, scrivendo questi gunkimono da sottoporre alla lettura dello shogun, per dimostrargli che i propri antenati avevano compiuto grandi gesta meritevoli di lode. E quale gesta è più meritevole di lode, di quella compiuta da una nobile che sarebbe riuscita a respingere i ripetuti assalti del più potente clan del Kyushu, guidando la resistenza in un castello popolato principalmente da feriti, anziani e donne?

Il clan Otomo era in declino in quegli anni, e i loro rivali Shimazu in ascesa sembravano destinati a conquistare tutta l'isola di Kyushu. Gli elementi per raccontare una grande avventura drammatica fatta di eroi e imprese ci sono tutti. La verità storica passa in secondo piano.

La storia vera ci insegna che Toyotomi Hideyoshi, di fatto ormai signore del resto del Giappone, scese in campo nel Kyushu per fronteggiare gli Shimazu e impedire la catastrofe. La leggenda di Myorin-ni, invece, racconta che la donna-guerriera avrebbe rifiutato di incontrare l'unico signore in grado di salvare il clan dei suoi padroni Otomo dalla distruzione. Un dettaglio assurdo e inverosimile, chiaramente inserito in quest'opera dai contenuti falsi per compiacere i Tokugawa. Un' altro elemento ricorrente dei gunki monogatari, infatti, è quello di denigrare alcuni personaggi invisi al clan Tokugawa. Dopo Sekigahara, quando il 大友興廃記 fu scritto, i Toyotomi erano da qualche parte in alto nella lista di personaggi sgraditi a Ieyasu e ai suoi successori.

Questo espediente viene usato, ad esempio, anche in un'opera analoga che celebra un'altra presunta "onna-bugeisha" di cui la storia non ci ha lasciato nulla: Kaihime. Lei avrebbe guidato un assedio in cui avrebbe sconfitto Ishida Mitsunari, la futura nemesi di Tokugawa Ieyasu. L'assedio è avvenuto davvero, ma di Kaihime non sappiamo praticamente nulla. La sua presenza è un buon modo per far figurare male un personaggio molto sgradito allo shogun, che sarebbe stato sconfitto da una donna ma, anche qui, nonostante l'evento sia sensazionale nessuna fonte di primo piano (lettere, diari, annali...) fa il nome di questa donna in occasione di quella battaglia.

Tutte le storie delle onna-bugeisha di epoca sengoku sono basate su questi gunkimono, e sono quindi pertinenti al mondo della letteratura, non della storia. Alcune di queste donne sono realmente esistite, ma semplicemente come mogli di samurai e signori feudali, non come guerriere o strateghe. Altre sono state inventate di sana pianta. In entrambi i casi, visto che la storia (documentata) di epoca medievale tende a dare poco spazio alle donne, ci sono ottimi margini di manovra per raccontare storie di fiction.

Questa mitologia portata avanti dai gunkimono è stata recentemente ravvivata da alcuna scoperte archeologiche che, sebbene risalgano agli anni '50, per qualche ragione sono state annunciate come "recenti" in un documentario presentato da rai storia e andato in onda sulla tv italiana qualche anno fa. Si tratta di ossa di donne scoperte in alcuni campi di battaglia. Ho scritto un post su questa questione tempo fa, facendo rilevare come tali scoperte non dimostrino l'esistenza delle donne samurai, ma semplicemente qualcosa di risaputo: ovvero che sui campi di battaglia non operavano solo guerrieri di alto rango quali erano i samurai, ma anche contadini usati come carne da macello dai cinici signori feudali, oppure come semplici elementi di supporto logistico o per svolgere razzie. Questi contadini erano anche donne. Qui l'articolo completo.

https://www.giappostorie.it/blog/la-verita-sulle-donne-samur...

La verità che ci comunicano le fonti storiche attendibili, invece, è che in epoca sengoku le donne avevano una vita molto difficile: dovevano tenere un basso profilo, erano automaticamente escluse dall’eredità dei padri, ed erano letteralmente vendute come “spose” ad altri signori con cui si dovevano tessere alleanze. Le donne giapponesi, inoltre, non potevano portare un nome pubblico che contenesse il carattere del loro clan, come invece accadeva per gli uomini, e spesso erano costrette a contendersi il marito con altre donne poiché i samurai, in certe epoche storiche, erano poligami. La storia delle donne nella società dei samurai è molto più fosca di quanto certe leggende vorrebbero farci credere. L'unico caso che alcune fonti secondarie riportano di donne samurai è quello di Nakano Takeko e delle sue compagne di Aizu, risalente all'epoca Meiji, non Sengoku (anche la periodizzazione è importante ed elementare per chi pretende di raccontare la storia). Tutti gli altri sono letteratura o folklore.

Raccontare la letteratura non é sbagliato, ma farla coincidere con la storia, senza avere un minimo di conoscenza del Giappone medievale, delle fonti da citare, delle dinamiche dei clan, degli esperti su cui fare affidamento, dell'ordine di priorità delle fonti quando si svolge l'indagine storica... questo si che è grave.

C'è un motivo se la guerra di Troia viene spiegata nelle scuole all'ora di letteratura, e non di storia. Non è un caso se l'Orlando Furioso fa parte del programma di italiano, e non di quello della storia carolingia.

Provate a chiedere ad Alessandro Barbero se ritiene che le storie raccontate nelle chanson de geste siano storicamente attendibili. I gunkimono non sono altro che le chanson de geste dei giapponesi, e le onna-bugeisha ne sono talvolta le protagoniste. L'ignoranza della storia del Giappone, e dell'utilizzo dei più elementali strumenti della ricerca storica, continua ad alimentare un mito culturale che non trova riscontro nei fatti.