Per gli antichi giapponesi, il mondo finiva poco oltre la Cina.
Al di là di quella linea, c’era il vuoto: nazioni lontane, popoli misteriosi e nomi mai uditi.
A differenza degli antichi Romani, esploratori e conquistatori sempre pronti a varcare mari e terre sconosciute, i giapponesi erano isolani e guardavano al mondo esterno con curiosità prudente, più attenti a conservare ciò che già conoscevano.
Quando nel XIII secolo l'imperatore mongolo Kublai Khan inviò una lettera intimando al Giappone di sottomettersi al suo impero, il sovrano nipponico preparò una risposta — mai consegnata — che conteneva questa frase:
「蒙古之號 于今未聞」– “Il nome dei Mongoli, non l’abbiamo mai sentito.”
Incredibile ma vero: mentre l’Orda di Gengis Khan sconvolgeva l’Asia e l’Europa, in Giappone nessuno ne sapeva nulla.
A ovest c’era l’India, terra mitica e remota, conosciuta solo come la patria del Buddha.
Tutto ciò che stava oltre, semplicemente, non esisteva. Per i giapponesi, chiunque non fosse cinese o coreano era “indiano”.
Un esempio poco noto: nel Quattrocento, due stranieri misteriosi giunsero nel Sol Levante per rimanervi.
Hijiri e Musul furono forse i primi – e unici –arabi a servire uno shogun, ma per i giapponesi dell’epoca erano semplicemente 天竺 (tenjiku), ossia: “indiani”. Questa catalogazione approssimativa ha lasciato un mistero: oggi non sappiamo con certezza da dove provenissero.
Allo stesso modo, nel Cinquecento arrivarono i missionari europei, accolti come “monaci dell’India”.
Per i giapponesi le loro chiese erano "templi", la Madonna un bodhisattva e lo stesso Dio era identificato con il Buddha cosmico, Dainichi Nyorai.
Padre Francesco Saverio accettò quel malinteso pur di farsi capire.
I suoi interpreti tradussero e adattarono i racconti del Vecchio e Nuovo Testamento con parole esotiche, trasformando il cristianesimo in una sorta di “buddhismo di nuova generazione”.
I missionari successivi criticarono aspramente quella scelta, ma fu una mossa geniale: permise alla nuova fede di attecchire in una terra lontana e diffidente.
E così, per i giapponesi di allora, il mondo oltre la Cina restò a lungo un grande enigma — che poteva essere capito solo fraintendendolo.