La katana: mito e realtà
La katana è comunemente considerata l’arma per eccellenza dei samurai, quella che si usava ogni giorno in ogni epoca, in guerra come nei duelli.
Quest’arma viene spesso affiancata a una lama più corta, il wakizashi, che un samurai portava sempre con sé e da cui, si dice, non poteva mai separarsi perché al suo interno vi sarebbe stata custodita la sua “anima”.
La realtà storica, tuttavia, ci racconta una storia diversa.
Prima della katana: arco e tachi
In primo luogo, la katana – o più precisamente uchigatana – si diffuse solo a partire dal XV secolo, affiancandosi ad altre armi che i samurai usavano in precedenza.
Tra queste, le più importanti erano due: l’arco e il tachi.
L’arco veniva impiegato da cavallo ed era uno strumento di guerra che qualsiasi samurai di un certo rango doveva possedere e saper usare. Gli usi documentati di quest’arma abbondano, sia nelle guerre tra clan giapponesi sia durante le invasioni mongole del Giappone.
Il tachi, invece, era una lama lunga utilizzata anch’essa da cavallo, con la lama rivolta verso il basso. La successiva katana, al contrario, era portata con la lama rivolta verso l’alto.
Questa differenza non era casuale: il tachi poteva essere estratto agevolmente da cavallo, mentre la katana permetteva un’estrazione più rapida quando si combatteva a piedi.
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刀の種類
Le armi della fanteria: naginata e lancia
Ma non tutti i guerrieri potevano permettersi un cavallo. Chi combatteva a piedi, con cosa si armava?
L’arma più diffusa tra la fanteria inizialmente era la naginata, una lunga asta con una lama all’estremità. Era impiegata non solo in battaglia, ma anche per la difesa domestica.
Per questo le donne dei samurai imparavano a usarla: non per combattere in guerra al fianco degli uomini, ma per proteggere sé stesse e le proprie case da eventuali aggressori.
Da questa pratica nacque l’associazione, ancora oggi diffusa, tra naginata e femminilità.
Successivamente si diffuse anche la lancia (yari), che divenne l’arma principale della fanteria. Come la naginata, anche la lancia trovò largo impiego presso chi non era un guerriero di professione.
Poteva essere prodotta persino tagliando un bambù e appuntendone un’estremità: per questo divenne il simbolo delle rivolte contadine dell’epoca Edo e rimase impressa nella cultura popolare giapponese.
Durante le guerre, naginata e lancia divennero quindi le armi più importanti. Il tachi scomparve progressivamente, riducendosi a strumento simbolico di dono tra samurai, mentre l’arco venne relegato alle retrovie e affidato spesso a soldati semplici, talvolta contadini arruolati.
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Quando si usava davvero la katana?
A questo punto sorge spontanea una domanda:quando veniva effettivamente usata la katana?
La risposta più semplice è che la si impugnava nei duelli o nelle situazioni di emergenza.
Un caso celebre è quello di Imagawa Yoshimoto, un grande signore feudale che si ritrovò improvvisamente circondato dai nemici durante una campagna militare.
Le cronache raccontano che Yoshimoto sguainò la katana e riuscì a respingere un assalitore colpendogli le ginocchia, ma un secondo lo attaccò alle spalle, lo gettò a terra e lo uccise… con una lancia.
Il guerriero che lo colpì venne premiato come “seconda lancia”, titolo che indicava chi aveva affrontato e sconfitto un daimyō: “seconda” perché il primo avversario Yoshimoto lo aveva neutralizzato, e “lancia” perché questa era l’arma tipica dei campi di battaglia.
Anche la terminologia militare, dunque, testimonia l’importanza della lancia, spesso superiore a quella della katana.
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坂井・三国祭 山車、2年ぶりの雄姿 /福井
Un altro esempio riguarda Takeda Shingen.
Un giorno fu raggiunto nel suo accampamento da un aggressore a cavallo armato di tachi. Seduto sul suo sgabello, Shingen non ebbe il tempo di sguainare la spada e si difese con un ventaglio da guerra, uno strumento ben più solido dei comuni ventagli di legno e carta.
In entrambi i casi – Yoshimoto e Shingen – gli aggressori usarono armi diverse dalla katana, mentre le vittime furono colte di sorpresa.
È proprio in simili situazioni, improvvise e ravvicinate, che la katana giocava un ruolo cruciale: se si aveva il tempo di estrarla, la rapidità del colpo poteva fare la differenza tra la vita e la morte.
Le due lame: katana e wakizashi
Durante l’epoca Sengoku, l’ultima epoca medievale di guerre, non esisteva ancora una distinzione codificata tra lama lunga e corta, cioè tra katana e wakizashi.
Le spade variavano semplicemente per lunghezza, e si indossavano entrambe nelle occasioni formali.
Quando Oda Nobunaga si recò per la prima volta in visita al suocero Saitō Dōsan, portava entrambe le lame con sé.
La lama lunga era utile nei duelli, mentre quella corta serviva per mozzare le teste dei nemici sconfitti.
Dopo la battaglia, infatti, si svolgeva una cerimonia di premiazione in cui i samurai mostravano le teste dei nemici di alto rango che avevano ucciso.
Avere una lama corta, maneggevole e affilata era dunque indispensabile.
La simbologia di epoca Edo
La complessa codificazione dell’uso delle armi avvenne solo nell’epoca Edo, quando il Giappone conobbe un lungo periodo di pace e gli scontri reali si ridussero a duelli rituali, come quelli del celebre Miyamoto Musashi.
Fu in questo contesto che nacque la credenza secondo cui il wakizashi custodisse l’anima del guerriero e dovesse accompagnarlo ovunque.
Tuttavia, è difficile credere che i samurai si rifiutassero di consegnare l’arma quando facevano visita a personaggi di alto rango come lo shōgun.
Per motivi di sicurezza, nessuno poteva presentarsi armato al cospetto del sovrano del Giappone – e lo stesso valeva per gli incontri con le figure chiave del castello di Edo, l’attuale Tokyo.
La katana, dunque, non fu la lama onnipresente dei samurai, ma una protagonista di secondo piano sul campo di battaglia.
La sua importanza crebbe soprattutto dopo la fine delle guerre, quando divenne simbolo d’identità e di spirito, più che strumento di guerra.
Non era l'arma con cui i samurai combattevano, ma quella con cui – e per cui – volevano essere ricordati.
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Q2.なぜ日本刀によって長さが違うの?