La via giapponese alla guerra


I giapponesi hanno avuto un numero limitato di strumenti per fare la guerra, situazione che è cambiata solo in epoche recenti, sulla spinta delle innovazioni tecnologiche introdotte dagli occidentali.

Originariamente era l'arco lo strumento preferito dai guerrieri, usato da cavallo e in movimento, come si vede anche nel corso delle varie esibizioni di yabusame che si tengono ancora oggi in Giappone. Lanciare frecce da cavallo non era solo un modo di fare guerre o rituali, ma anche uno "sport", volto a mettere alla prova le proprie capacità.

Durante il Medioevo esisteva infatti una disciplina, chiamata inuoumono, che consisteva nell'imprigionare un centinaio di cani, farli correre dentro un ampio perimetro, e colpirne quanti più possibile con le frecce, mentre erano in movimento. La morale buddista, che condannava l'uccisione di animali, oltre che delle persone, impose ai samurai di utilizzare quanto più possibile frecce non appuntite.

A partire dal 1400 il modo di combattere cambiò notevolmente.

Fino a quel momento la lama usata nei combattimenti corpo a corpo era chiamata "tachi" ed era pensata per essere usata da cavallo. Si tratta di una lama più lunga della famosa katana (uchigatana per essere precisi), pensata invece per essere impiegata combattendo a piedi.

Ma di lì a poco arrivarono gli occidentali che portarono le armi da fuoco, rivoluzionando enormemente il modo di fare la guerra in Giappone.

Non solo i moschetti, ma anche i cannoni furono utilizzati, armi che non richiedevano particolari doti per essere usate, e che quindi furono impiegate anche da contadini.

Alcuni storici affermano che, nei decenni che precedettero la lunga era di pace nella prima metà del 1600, il Giappone fosse il Paese al mondo con più armi da fuoco. Non esiste sufficiente documentazione per assegnare primati, ma è certo che le armi da fuoco fossero diffuse in maniera capillare in tutto l'arcipelago in quantità ingenti, questo in un Paese che solo ottant'anni prima non conosceva simili strumenti.

Si crede che i moschetti siano stati abbandonati in favore della katana nella successiva epoca di pace, ma in realtà continuarono ad essere usati sia dai samurai, che erano tenuti a imparare ad usarli e a fare esercitazioni di tiro costanti, sia dai contadini, che ne avevano bisogno per scacciare lupi e bestie selvatiche trovate spesso nei loro villaggi. Si tendeva semplicemente a non utilizzarle e a non esibirle nei centri abitati, considerato il potere distruttivo che avevano. Un gruppo di samurai armati di katana possono essere soppressi con facilità, mentre altrettanti samurai dotati di armi da fuoco possono fare molti danni prima di essere domati.

Ma, a parte le armi, era anche il modo di fare la guerra ad essere diverso.

Nel corso del Medioevo furono molti i castelli oggetto di assedi e attacchi, ma quasi mai furono usati strumenti come catapulte o trabucchi, che avrebbero reso più rapida la vittoria da parte degli assedianti.

I castelli venivano conquistati con l'inganno, mettendo gli occupanti l'uno contro l'altro, facendo infiltrare shinobi (ninja, per usare un termine moderno) che avevano il compito di distruggere le loro scorte o assassinare personaggi chiave, oppure attendendo per settimane e settimane che il nemico si arrendesse.

Uno dei motivi per cui fu tanto faticoso unificare l'arcipelago va forse individuato proprie in questo modo statico di fare la guerra, che comportava campagne militari spesso inconcludenti e passaggi di terreni da una fazione all'altra, più e più volte, fino a quando uno dei due domini in lotta non implodeva per contrapposizioni interne, fomentate da nemici che non avevano altro modo se non la "sporca politica" per sconfiggere rapidamente un avversario.