Il documento di oggi non è giapponese: viene dalle fonti in lingua portoghese redatte dai gesuiti che visitarono il Sol Levante nell’epoca dei samurai.
Il protagonista è Giusto Takayama Ukon, all’epoca uno dei più importanti signori feudali convertiti al cristianesimo.
Sulle sue origini sappiamo poco, così come sulle ragioni che lo spinsero ad abbandonare le antiche tradizioni religiose per abbracciare un culto allora percepito come esotico. Ciò che sappiamo per certo è che la sua convinzione religiosa fu incrollabile.
Le fonti nipponiche raccontano che, quando Nobunaga inviò dei missionari al suo castello per convincerlo a tradire il proprio signore e passare dalla sua parte, Ukon li ascoltò e accettò il cambio di alleanza, pur sapendo che i suoi parenti — nelle mani del padrone che stava abbandonando — erano in grave pericolo di vita. I missionari gli avevano detto che mantenere salda la fede comportava sacrifici, e lui fu pronto a compierli. Alla fine gli ostaggi furono recuperati incolumi, un dettaglio che forse ha rafforzato la sua fiducia nella Provvidenza.
Molti anni dopo avvenne l’episodio riportato nella fonte odierna.
Il Kampaku, signore assoluto del Giappone, stava portando avanti politiche repressive contro i cristiani, accusati di costringere i giapponesi alla conversione anche devastando edifici e reliquie buddhiste. Si parla di credenti giapponesi, non dei padri europei, il cui coinvolgimento diretto in queste campagne di vandalizzazione non emerge dalle fonti.
Takayama Ukon era stato uno dei samurai iconoclasti più attivi, e il Kampaku volle fare di lui un esempio. Ma quando il suo messaggero arrivò per minacciarlo di confiscargli tutte le terre, Ukon rispose che non rinnegava i propri atti e che era pronto a lasciare ogni proprietà per amore verso Dio.
E lo fece davvero: visse per anni ospite di un altro potente che ebbe misericordia di lui.
La tempesta si placò solo con la morte del Kampaku, ma Ukon non riottenne più un ruolo centrale nella politica dei samurai. Quando Tokugawa Ieyasu emanò il bando finale contro i missionari, Ukon dovette lasciare il Giappone. Si rifugiò nelle Filippine, colonia spagnola cattolica, e morì nella zona di Manila dopo poco tempo.
Tra i pochi samurai famosi condannati all'esilio fuori dal Sol Levante, Ukon è quello di rango più alto.
Per la sua dedizione a Dio, le persecuzioni subite e la perdita di terre e prestigio in nome della fede, Papa Francesco lo ha dichiarato beato nel 2017. Gli unici samurai canonizzati come santi appartengono invece a dei gruppi dei martiri — come i ventisei martiri di Nagasaki. Takayama Ukon, pur non essendo attualmente riconosciuto santo, resta ad oggi l’unico grande signore feudale giapponese ad aver ricevuto un riconoscimento ufficiale dalla Chiesa cattolica per la sua vicenda personale.
Oggi la sua memoria è ancora viva a Manila, e la sua storia continua a fare da ponte simbolico nell’amicizia tra Giappone e Filippine.
Nella foto, il sottoscritto in visita a Manila, Plaza Dilao, dove, ai tempi dell'esilio di Ukon, si trovava uno dei principali insediamenti di giapponesi nelle Filippine.