Kusunoki Masashige è uno dei samurai più controversi nella storia del Giappone.
Vissuto in una delicata fase di passaggio del Medioevo, questo guerriero è ricordato per la sua caparbietà, senso d'onore, vicinanza ai più umili... e per aver trascorso buona parte della sua vita a combattere per Go-Daigo, l'imperatore di allora.
Kusunoki Masashige è l'unico samurai di epoca medievale ad aver servito fedelmente un imperatore giapponese.
La sua vita è avvolta nel mistero. Non siamo sicuri del suo luogo di nascita, ma è opinione diffusa che sia nato e cresciuto a sud della moderna città di Osaka. Qui si trovava il suo castello, che fu preso d'assedio più volte dalle armate dei reggenti Hojo di Kamakura: i potenti che comandavano nel Sol levante di allora. Masashige era un ribelle che viveva nel Giappone occidentale, e che si opponeva ai samurai di Kamakura: i samurai dell'oriente.
Non era l'unico. L'imperatore Go-Daigo si ribellò in tre occasioni al giogo degli Hojo. Le prime due fu sconfitto, ma al terzo tentativo prevalse. Kusunoki Masashige lo sostenne tutte le volte. Non è chiaro quando iniziò la collaborazione tra i due, ciò che è certo è che ripagò molto bene per il guerriero. Masashige fu insignito di titoli e onori che lo rendevano di rango equivalente a tanti altri samurai di retaggio più antico.
Alla fine, alcuni luogotenenti degli Hojo passarono dalla parte di questa "strana coppia". Kamakura fu invasa e lo shogunato annientato: era l'inizio della restaurazione imperiale.
Ma il regno di Go-Daigo non era destinato a durare.
Ashikaga Takauji, uno dei comandati che avevano tradito gli Hojo, avanzò delle pretese, tra queste la concessione del titolo di shogun. Le sue richieste non furono esaudite e fu guerra, ancora una volta.
Masashige sapeva da che parte stare. Lo scontro contro il rinnegato Takauji fu aspro e la capitale, Kyoto, passò di mano più volte. A un certo punto i ribelli furono cacciati nel profondo sud del Giappone, e sembrò che la vittoria sarebbe stata dell'armata imperiale. Una fonte riporta che Masashige sarebbe stato in grado di uccidere Takauji, ma che non lo fece per ragioni ignote. Il ribelle riuscì però a salvarsi e, nei mesi successivi, risalì dall'isola di Kyushu e affrontò i generali di Go-Daigo a Minatogawa.
Masashige e il sovrano discussero sul da farsi. Il samurai riteneva più saggio abbandonare la capitale per affrontare il nemico su un terreno più adatto, ma l'imperatore si impuntò: l'esercito della restaurazione non avrebbe abbandonato Kyoto per l'ennesima volta. Pur riluttante, il samurai obbedì al proprio signore seguendo quello che sapeva essere un piano suicida.
Si racconta che, prima della partenza, il prode samurai abbia incontrato il figlio un’ultima volta e scambiato delle parole con lui. Questo commiato struggente è diventato tema di una canzone molto popolare prima del dopoguerra.
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青葉茂れる桜井の(桜井の訣別)
A Minatogawa una parte dell'esercito imperiale si ritirò, ma non Masashige. Lui e suo fratello rimasero sul campo di battaglia, e li trovarono la morte. Il momento più celebre è il discorso del fratello prima di morire. Egli avrebbe detto: "Se avessi sette vite, le darei per il Paese!".
Alla fine, Takauji conquistò Kyoto e l'imperatore si ritirò in altura: proprio nel punto dove Masashige gli aveva consigliato di ripiegare, ironicamente. Takauji installò quindi un imperatore fantoccio e si fece proclamare shogun dal suo stesso burattino. Questo segnò la fine della restaurazione di Go-daigo, e l'inizio dello shogunato Muromachi.
Ma quanto di ciò che ho scritto è storicamente documentato, e quanto è dubbio?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo vedere le fonti dell'epoca.
Abbiamo principalmente due scritti che ci raccontano in modo organico gli eventi che ho riportato in questo riassunto. Una è il Taiheiki, l'altra il Baishoron. Si tratta di due opere storico-letterarie che appartengono a un filone di scrittura piuttosto "romanzato". Entrambi i libri furono scritti da autori ignoti, ma è riconosciuto che il Taiheiki sia a favore di Go-Daigo, mentre il Baishoron mette in buona luce il ribelle Takauji.
Esistono scritti storici di più alto valore che ci parlano della restaurazione imperiale e del successivo conflitto, ma sono documenti frammentari che riportano solo vicende specifiche. Se si vuole seguire il filo degli eventi della guerra tra l'imperatore e Takauji, bisogna necessariamente prendere in mano queste due opere.
国文学研究資料館
太平記
富田林市/文化財デジタルアーカイブ
『梅松論』にみる正成
Il Taiheiki è il più famoso dei due, ma anche il meno accurato. Gli storici giapponesi attribuiscono un valore maggiore al Baishoron, perchè i contenuti di questo testo si sovrappongono meglio alle informazioni riportate da altri documenti come diari e lettere dell'epoca. Il Taiheiki, poi, è anche l'opera da cui provengono la maggior parte degli aneddoti più emozionanti di questa storia. Sfortunatamente, sono sempre le opere a carattere più "avventuroso" a conoscere maggiore fama, a scapito di scritti magari noiosi ma più accurati nei contenuti. Questo è il motivo per cui il Taiheiki ha conosciuto fama in Giappone e all'estero, mentre il Baishoron è conosciuto solo dagli addetti ai lavori. Un altro motivo per cui l'opera pro-imperatore ha conosciuto maggiore fama di quella pro-shogun è la propaganda di epoca contemporanea.
A partire dalla fine del 1800, il Giappone è diventato un Paese unito e moderno. Non lo era mai stato davvero in precedenza, in quanto i clan che lo governavano tendevano a fare i propri interessi e obbedivano all'autorità centrale solo per necessità. Di fronte alla minaccia delle Potenze occidentali, occorreva trovare un qualche tipo di unità nazionale. Il simbolo di questa unità era l'imperatore, la cui linea dinastica era antichissima e rappresentava tutto il popolo giapponese.
Ma come istruire i sudditi all'obbedienza verso di lui?
Gli ideali dei samurai e il codice d'onore del bushido sarebbero diventati di lì a poco dei simboli nazionali che dovevano essere assimilati e ostentati da tutti i giapponesi, soprattutto i soldati... ma come coniugare la dimensione di questi guerrieri con quella dell'imperatore?
I samurai del passato servivano dei signori feudali, oppure lo shogun. L'imperatore apparteneva a una dimensione diversa, di tipo religioso, che era connessa con il mondo della nobiltà urbana. Bisognava quindi trovare un "precedente": un caso storico di guerriero che servì fedelmente il sovrano. Kusunoki Masashige era il candidato perfetto.
Secondo la lettura più comune, Masashige fu un samurai obbediente che aveva mostrato lealtà fino alla fine, pur sapendo che il piano del suo signore era destinato al fallimento. Questo, che a noi può apparire l'atteggiamento di uno stupido, per i giapponesi dei secoli passati era prova di grande valore.
Il regime (prima quello oligarchico, e poi quello fascista), voleva che tutti i giapponesi diventassero dei soldatini obbedienti come Kusunoki Masashige, e a tal fine manipolò la narrazione presentata dal Taiheiki. Quest'opera divenne quasi un testo sacro, e gli storici del primo Novecento che la criticavano per i toni eccessivamente epici, e per i suoi contenuti dubbi, furono messi a tacere brutalmente. Vennero minimizzati tutti i riferimenti del Baishoron al presunto rapporto di rispetto che intercorreva tra Masashige e Takauji, per enfatizzare invece il legame dell'antico samurai con l'imperatore. La frase detta in punto di morte dal fratello di Masashige divenne un vero e proprio slogan. Esistono bandane e magliette che riportano i quattro caratteri giapponesi che costituiscono la frase "Se avessi sette vite le darei per il Paese".
GANREF
七生報国
Tuttavia, la citazione appare solo nel Taiheiki ed è dubbio che sia stata pronunciata davvero. Dopotutto, quante probabilità ci sono che i due samurai si siano tolti la vita alla presenza di qualcuno, che poi ha raccontato l'episodio solo ed esclusivamente all'autore del Taiheiki? I samurai solitamente scrivevano dei versi poetici prima di morire, e questi sono giunti fino a noi proprio perché erano scritti, e non detti a voce.
Fu creata una canzone per celebrare il discorso di commiato del samurai al proprio figlio, un discorso la cui validità storica, però, è stata messa in dubbio da alcuni scavi archeologici. Anche in questo caso è solo il Taiheiki a riportare questo aneddoto.
L'autore dell'opera offre anche coordinate geografiche precise sul luogo dove sarebbe avvenuto l'incontro tra Masashige e il figlio. Lì avrebbe dovuto esserci una stazione di cavalli, secondo quanto è scritto nell'opera, ma gli scavi in quella zona non hanno riportato alla luce nessun edificio risalente al quattordicesimo secolo. Nonostante ciò, le autorità locali hanno messo in quel luogo un monumento che commemora il presunto incontro tra il samurai padre e suo figlio.
文化遺産オンライン
桜井駅跡 (楠木正成伝説地)
Ma non tutti gli episodi che ho descritto provengono esclusivamente dal Taiheiki.
C'è un aneddoto che compare in entrambe le opere: la critica di Masashige a Go-Daigo prima di partire per la battaglia dove il samurai trovò la morte.
Del Taiheiki ci sono giunte molte edizioni, ma questo evento è riportato solo nel testo originale. Nella scena, Masashige critica Go-Daigo per la sua decisione di non lasciare Kyoto come gli aveva richiesto. Il monologo polemico è molto edulcorato nell'opera pro-imperatore, ma assume toni più pesanti nel Baishoron. Vi presento una traduzione per dare un'idea.
Questa battaglia dell'imperatore è una sconfitta certa. Negli anni passati, quando ho ricevuto l'ordine imperiale e mi sono arroccato nel castello sul monte Kongo, sono riuscito abilmente a portare dalla nostra parte le genti di Kawauchi e compiere grandi imprese. Questo è stato possibile perchè tutti avevano a cuore l'imperatore. Ma questa volta, ora che ho radunato le armate per volere di Sua Maestà in qualità di Protettore di Kawauchi e Izumi, tutti i miei parenti hanno un'espressione indecifrabile. Se persino la mia famiglia è così, l'intero popolo giapponese cosa starà pensando? È evidente che tutti daranno le spalle all'imperatore.
Siccome non riuscirò a ottenere nulla in vita, morirò in battaglia.
Kusunoki Masashige morì sul campo di battaglia per l'imperatore, ma era una persona che aveva delle proprie idee, e il suo sentimento di fedeltà non era imprescindibile come la propaganda moderna vuole farci credere. Il regime fascista scelse di ignorare la versione del Taiheiki che conteneva il monologo controverso del samurai, a favore di altre versioni di epoca posteriore che lo omettevano. Il romanzo storico-letterario fulcro della propaganda del regime potè quindi continuare a essere usato senza imbarazzo alcuno.
E così, il samurai dell'imperatore divenne oggetto di un racconto ideologico che proliferava nelle tante zone d'ombra della sua vita, e nell'ambiguità di due fonti scritte per celebrare un personaggio o l'altro, e non per raccontare una storia oggettiva.
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