Il Giappone non è mai stato una Nazione, non lo è mai stato davvero fino alla metà del 1800.
La figura più importante viene definita "imperatore", un termine su cui ci sarebbe molto da dire, ma che dall'epoca Heian in poi (VIII secolo d.C) non ha mai davvero detenuto un potere politico e, le rare volte che ha provato a ottenerlo, ha fallito nel suo intento.
Il Giappone era un insieme di clan e il suo "imperatore", in realtà Tenno, non era altro che una figura religiosa che pregava per tutti gli abitanti dell'arcipelago.
I giapponesi antichi avevano sempre gli dèi in testa e gli antenati nel cuore, antenati che, in molti casi, discendevano da personaggi che in epoche remote erano stati membri della famiglia del Tenno, il quale era anche imparentato con la dea del sole, secondo la leggenda. Per effetto di questo doppio legame, di spirito e di sangue, era inevitabile che questa figura religiosa fosse rispettata da tutti i giapponesi.
Ma nessun popolo vive di armonia eternamente.
I giapponesi hanno combattuto nel corso della loro storia, ma quasi sempre contro loro stessi.
Fare fronte comune contro un nemico "esterno" all'arcipelago era una situazione temporanea, vissuta con profonda riluttanza dai samurai giapponesi.
Questo ce lo dimostrano bene gli eventi occorsi durante l'invasione giapponese della Corea, avvenuta a fine del 1500, quando i signori feudali costretti a prendere parte alle campagne militari si accusavano a vicenda, denunciando errori e atti di codardia di altri signori feudali al signore del Giappone, unico personaggio a cui quel conflitto davvero importava qualcosa.
Ma questo non è il modo in cui dovrebbero comportarsi i generali di una Nazione in guerra.
O ancora, i samurai che combatterono i mongoli, samurai che furono usati e dimenticati quando la minaccia dal continente fu respinta. Uno di loro scrisse un'opera in cui celebrava le proprie imprese, e affermava che si era dovuto recare nella capitale, dopo un viaggio pericolosissimo attraverso tutto l'arcipelago, per implorare e ricevere le ricompense che avrebbe dovuto avere di diritto. Molti altri furono "dimenticati" dal potere centrale.
Non è questo il modo in cui vengono trattati i soldati che hanno combattutto difendendo "la patria".
I giapponesi mettevano sempre le esigenze del proprio clan di appartenenza al di sopra di tutto, anche prima, durante e dopo le guerre combattute contro un nemico comune. Solo coloro che facevano parte del proprio clan contavano, tutti gli altri no.
Lo shogun fu in grado di contenere le rivalità e nascondere le contraddizioni di una società che era unita solo formalmente, ma alla fine il sistema si ruppe, e si verificò quello che passò allo storia come "Epoca degli Stati combattenti", "Stati", perchè così erano definite le regioni che componevano l'arcipelago.
Fu solo in epoca moderna, quando le Potenze occidentali imposero al Giappone la loro presenza, che i giapponesi si preoccuparono di trovare rapidamente un'unità che non avevano mai avuto davvero, e lo fecero facendo diventare il Tenno un "imperatore", un personaggio politico presente alle parate militari e con il potere di nominare primi ministri e firmare leggi.
Sotto questa compattezza senza precedenti, la neonata Nazione giapponese si apprestò ad entrare nell'arena della competizione internazionale.
Il Giappone era diventato "nemico di altri".