Cina e Giappone: tra tributi e commercio


La storia dei rapporti tra Cina e Giappone è sempre stata caratterizzata dal commercio.

Dopo che, per molti secoli, la cultura cinese ebbe influenzato profondamente la sviluppo della civiltà nipponica, il Giappone decise di cercare la propria strada, allontanandosi dall'influsso cinese e cessando di offrire "tributo" alla Cina.

Il "tributo" è stato spesso una condizione imposta dall'impero di mezzo ai popoli vicini per poter instaurare rapporti commerciali, ma implicava il porre se stessi al di sotto delle dinastie cinesi che governavano il continente.

I giapponesi poterono sviluppare rapporti commerciali con i cinesi durante la prima parte dell'epoca mongola, quando i cinesi del sud, fortemente oppressi dagli eredi di Gengis Khan, permisero ai mercanti di interagire con le controparti giapponesi senza la necessità che vi fosse un rapporto tributario tra i due popoli.

Quando però arrivò la dinastia Ming le regole cambiarono, e l'orgoglio cinese ebbe di nuovo la meglio, riportando in auge l'obbligo del sistema tributario.

I giapponesi avrebbero voluto davvero riprendere i rapporti con la Cina, interrotti a seguito della conquista dell'intero continente da parte dei mongoli, ma l'idea di porsi sotto i cinesi non li rendeva entusiasti.

Agli inizi del 1400 lo shogun Yoshimitsu sbloccò la situazione, accettando di offrire tributo all'imperatore cinese e venendo da questi dichiarato "re del Giappone". Era la prima volta che ciò accadeva da oltre seicento anni, e la decisione fu giudicata, in epoca moderna, come un "tradimento" alla Nazione giapponese, ma all'epoca dei fatti portò solo enormi benefici all'arcipelago:

Grazie a questa decisione, infatti, i giapponesi poterono beneficiare dei numerosi materiali importati dal continente, in particolare il cotone, che avrebbe segnato una vera e propria rivoluzione nel campo tessile giapponese, portando prima i samurai e poi anche i contadini a cambiare il loro modo di vestire.

Da parte sua il Giappone fu sempre apprezzato per le numerose riserve di argento e rame che possedeva, e che furono il principale materiale importato da Cina e Corea tra il 1400 e il 1500.

Ma non di solo commercio vissero i rapporti sino-giapponesi: anche la cultura fu messa al centro.

Anche dopo che il Giappone si fu emancipato dall'influenza cinese, in epoche antiche, non cessò mai il flusso di monaci e intellettuali cinesi verso l'arcipelago. Le più importanti scuole buddiste furono quasi tutte fondate da monaci che avevano studiato in Cina, non solo, anche le strategie di guerra di Sun tzu e "l'arte dei ninja" furono originariamente ripresi dalla Cina.

Ma, in tutto questo, quando ci furono le guerre?

In due sole occasioni: quando i mongoli invasero il Giappone (alla fine del 1200), e quando il Giappone invase la Corea (alla fine del 1500).

Due sole guerre in oltre dieci secoli di storia.

Questo senza considerare, naturalmente, l'epoca moderna quando, a seguito di pressioni occidentali, sia Cina che Giappone dovettero rompere il sistema che aveva sempre caratterizzato i loro placidi rapporti, per adottare una mentalità "coloniale" improntata alla violenza e all'oppressione del più debole. Fu il Giappone a riuscire per primo a portare a compimento la trasformazione.

Gli occidentali cambiarono per sempre la natura dei rapporti sino-giapponesi, obbligando due Nazioni che bene o male erano sempre andate d'accordo, ad entrare in competizione tra loro, militarmente e nazionalisticamente.