Che cos'è il kamikaze


La parola "kamikaze" evoca immagini terribili.

Persone che si fanno saltare in aria, dirottatori di aerei e fanatici senza scrupoli.

Negli ultimi decenni è diventata termine giornalistico, ed è stata usata in contesti legati al terrorismo nel mondo.

Ma l'origine di questa parola è giapponese.

Kamikaze vuol dire "vento divino", ed è riferita ad una tremenda strategia di guerra adottata dai militaristi nipponici durante la Seconda guerra mondiale nel Pacifico.

Il piano consisteva nel riempire di bombe gli aerei e farli schiantare contro le navi americane. L'auspicio era quello di fare un quantitativo elevato di danni ai nemici, tale da ostacolare i loro piani di invasione del Giappone.

L'arcipelago giapponese aveva subito un'invasione vera e propria solo una volta nella sua storia, quando dovette fronteggiare la minaccia dell'impero mongolo, e in quell'occasione fu un tifone a dare il colpo di grazia agli invasori, distruggendo la maggior parte delle loro navi. Questo agente atmosferico fu un vento "divino", in quanto troppo provvidenziale per essere considerato una semplice coincidenza metereologica.

I giapponesi di allora erano convinti che gli dèi tutelari avevano risposto alle preghiere che da anni venivano portate avanti da preti e monaci in tutto l'arcipelago.

L'evento venne citato come prova che il Giappone fosse protetto dalle divinità.

In una canzone di propaganda ottocentesca, dei ragazzi cantano:

Il cielo si adirò e il mare si vendicò del nemico con grandi onde.

Le forze mongole di centomila uomini sparirono sul fondo del mare e sopravvissero soltanto in tre.

In poco tempo il cielo si diradò e la luna brillava sul mare di Genkai.

Durante la guerra del Pacifico non ci fu alcun fenomeno provvidenziale ad ostacolare l'avanzata degli americani, e i gerarchi nipponici decisero di "forzare" gli eventi creando il proprio "vento divino", e lo fecero attraverso le vite di moltissimi giovani piloti celibi, colti, intraprendenti, ma anche terribilmente preoccupati per la sorte delle proprie famiglie, tanto da sacrificare sè stessi nell'illusione di fare qualcosa per fermare un nemico inarrestabile.

I piloti morti in queste missioni suicide furono considerati a lungo dei volontari fanatici e disperati a cui era stato fatto il lavaggio del cervello.

Solo negli ultimi decenni, attraverso la lettura dei loro diari personali e le interviste fatte a coloro che non partirono per l'ultima missione, si è scoperto cosa pensassero davvero di quel piano, e quale fosse la verità dietro la loro storia.

La propaganda del "vento divino" servì a giustificare le loro morti, vane, perchè ebbero ripercussioni minime sull'avanzata americana.

Ma anche il "kamikaze" primordiale, che salvò il Giappone la prima volta, cancellò dalla storia il sacrificio di moltissimi samurai, impegnati in scontri mortali contro un nemico spietato, tecnologicamente all'avanguardia e dotato di risorse immense. Nessuno conosce quei samurai, non si ricordano le loro imprese, o le battaglie che hanno combattuto.

Il leggendario kamikaze non spazzò via solo una flotta nemica, ma anche le storie di moltissimi giapponesi che, in epoche remote e recenti, sono stati usati per nutrire questo mito.